Il lavoro è un costo?
Alcuni sostengono che la tecnologia e la digitalizzazione stiano sostituendo gli esseri umani e la necessità di lavoro umano come input per produrre un output. Sostengono che il capitale stia spiazzando il lavoro e che un aumento della disoccupazione strutturale sia inevitabile. Le imprese sono costantemente sotto pressione per tagliare le risorse umane. Per alcune aziende sembra che i profitti siano solo il risultato di tagli dei costi, e non di riduzione degli sprechi, che dovrebbe essere il vero centro. Tagliare gli sprechi, non i costi per gli investimenti!
Altri sostengono di poter lavorare meglio e con una produttività più elevata se lavorano da soli. Queste sono le stesse persone che sono convinte che la condivisione delle informazioni e la conoscenza sia spesso una perdita di tempo. Oppure sono le stesse persone che non sono disposte a trasformare il loro modo tradizionale di lavorare, opponendosi alla crescente richiesta di maggiore flessibilità, co-innovazione, lavoro di squadra e rete.
Il lavoro è un costo?
Ho lavorato per molti anni per istituzioni finanziarie europee, sia pubbliche che private. La gente spesso antepone i soldi alle delle persone. Ho avuto l'onore di servire per quasi un decennio l'istituzione che garantisce la stabilità dei prezzi nella zona euro, la Banca Centrale Europea. Si produce denaro, e pertanto ho la mia opinione personale su di esso. Credo che il denaro sia semplicemente uno strumento. Il benessere (in senso lato) delle persone è il fine autentico. Il denaro e le persone non sono necessariamente in contraddizione, se si esercita un discernimento.
Molti studenti, economisti ed econometrici, provenienti da tutto il mondo, potrebbero essere stati influenzati dal modello di Solow e le sue evoluzioni (1956 e 1987). L’output (Y) è una funzione del capitale (C) e del lavoro (L). La funzione di produzione Y=F (C, L) è neoclassica, cioè ha le seguenti caratteristiche. Ha una produzione marginale positiva e decrescente rispetto a ogni fattore produttivo e ha rendimenti di scala costanti per entrambi i fattori; il prodotto marginale di ciascun input tende all'infinito se l’input va verso 0, e si avvicina a 0 se l’input va all'infinito. Io sono uno tra quelli che ha studiato e sperimentato la sua difficile applicazione nella realtà, soprattutto per quanto riguarda le ipotesi su L.
Ho la sensazione che queste ipotesi siano coerenti con l'opinione comune. Vale a dire che l’input L debba essere visto come un costo. Un costo dove ciò che conta di più sono le barriere all'uscita nonché i rapporti contrattuali e industriali. L rimane qualcosa di complesso da scegliere o gestire. Qualcosa di costoso da sviluppare e solo per poche persone, scelte come talenti. Probabilmente questo è corretto, ma direi sia dovuto a un grande equivoco: lavoro L (numero di dipendenti o di ore lavorate) è ben lungi dall'essere il capitale umano (CU). L come costo è misurabile. Il CU, come un beneficio o anche un potenziale beneficio, non può essere misurato facilmente. Cercherò di chiarire questo aspetto in poche parole.
Il limite o il principale problema è che L si riferisce alla singola persona, un’analisi mono-dimensionale, una dimensione (1D). Il capitale umano CU, nella mia accezione, vuole avere 3 dimensioni e tenere conto delle relazioni che nascono all’interno della squadra (team) e con la rete di stakeholders della squadra (Teamsystem).